giovedì 8 luglio 2010

Le parole sono importanti (ma non troppo)!

Gli ideogrammi "JU" (cedevole/morbido) e "JUTSU" (tecnica)

Un errore che ho fatto spesso, nello studio delle arti marziali, è quello di dare troppa importanza agli aspetti teorici. Come prodotto di una cultura diversa, vasta e interessante, lo studio delle arti marziali giapponesi offre moltissimi spunti a le persone che, come me, amano leggere e documentarsi. Il che, in se, non è un male. Anzi, forse è un approccio necessario per noi occidentali, abituati ad una cultura del "sapere" piuttosto che del "saper fare". Però non bisogna mai dimenticare che il cuore delle arti marziali è la pratica. La pratica è l'unica cosa che conta, ed è solo attraverso la pratica che si migliora - e non attraverso i libri (o i siti web).
Detto questo, da buon occidentale, penso che valga comunque la pena soffermarsi brevemente sulle parole - se non altro perchè molti termini non sono nella nostra lingua...e una traduzione sbagliata può portare a marchiani errori. Iniziamo dal nome.

Senza zuccheri aggiunti

Attualmente il termine JU-JUTSU (talvolta trascritto come JIU-JITSU, JU-JITSU...e chi più ne ha più ne metta) ha un significato talmente vago e indistinto che è difficile darne una interpretazione corretta e completa, a meno di includere anche scuole e tecniche che col jujutsu non hanno davvero nulla a che fare.
Limitandoci ad una traduzione, JU significa "morbido, cedevole, soffice" mentre "JUTSU" significa "tecnica, arte/scienza (nel senso di saper fare qualcosa)". Quindi Jujutsu suona più o meno come "tecnica cedevole". Quando ero bambino, la traduzione che andava per la maggiore era "Dolce Arte". Piaceva parecchio perchè evocava un senso di creativa non-violenza, che era evidentemente in linea con lo spirito del tempo - dopotutto gli anni sessanta non erano poi così lontani. Per non parlare del mito che "l'avversario veniva sconfitto con la sua stessa forza"... il che è vero solo in parte.
In realtà, come vedremo, il jujutsu era un'arte (se vogliamo usare questo termine) violenta e assai poco creativa.
Rimandando i dettagli tecnici a post futuri, il jujutsu si sviluppò come una delle tecniche del bujutsu (lett."tecniche di guerra") e come tale, almeno nelle versioni più antiche, non vi era rispetto o considerazione alcuna per l'incolumità dell'avversario. Lo scopo era vincere e non contava nient'altro. E' importante ricordarlo.
Gli aspetti spirituali, morali e creativi del jujutsu sono, nei casi migliori, "effetti collaterali" positivi - e pretestuose "invenzioni" moderne in quelli peggiori.


Sane tradizioni (ma troppo violente)

Se vogliamo provare a dare un significato al termine "jujutsu", invece, dobbiamo distinguere ciò il termine indicava in Giappone da quello che indica adesso nel mondo.
In giappone, nei secoli scorsi (e in qualche caso anche ai giorni nostri), il termine "jujutsu" indica le tecniche "disarmate" (o con uso occasionale di armi corte) delle scuole di arti marziali tradizionali ("koryu bujutsu" ovvero tecniche di guerra antiche).
Si trattava quindi di un insieme di tecniche e strategie da adottarsi nel caso in cui il samurai fosse impossibilitato ad utilizzare la spada. Va da se che il jujutsu (chiamato talvolta con altri nomi - come ad esempio tai-jutsu ovvero"tecnica del corpo") era considerata un'arte secondaria rispetto al kenjutsu ("tecnica della spada").
Il rapporto fra kenjutsu e jujutsu tradizionale è molto stretto - al punto che gli scopi, le tecniche e le strategie di movimento sono assai simili. Molte tecniche di jujutsu assumono un pieno significato solo se si immagina che l'avversario possa estrarre una spada. Il che, ovviamente, le rende anacronistiche.
Talvolta si usa il termine koryu jujutsu (jujutsu "antico") per distinguere questo "tipo" di jujutsu (e le scuole o "ryu" che lo praticano) dalle varianti moderne - che spesso hanno poco di giapponese, e ancor meno di tradizionale.
Fra i koryu jujutsu ricordiamo, ad esempio: Kito Ryu, Takenouchi Ryu, Tenshin Shin'yo Ryu,Yoshin Ryu, Daito Ryu (nota:Yoshin Ryu e Daito Ryu, in realtà, sono nomi comuni a numerose scuole - alcune delle quali hanno legami piuttosto labili con le scuole tradizionali).
La mia opione è che una pratica del jujutsu completamente fedele alla tradizione sia anacronistica e poco salutare: non è tempo di guerra e anche se lo fosse la gente non girerebbe con una katana. E' necessario eliminare dalla pratica tutte le tradizioni nocive alla salute e potenzialmente rischiose per l'incolumità dei praticanti. Non siamo nel giappone feudale. Non siamo samurai. Le arti marziali, in ultima analisi, per noi sono un passatempo e nulla più (e sfido chiunque a dimostrarmi il contrario).
Tuttavia, è nel jujutsu tradizionale che troviamo le tecniche più efficaci. L'efficacia della tecnica è necessaria per la pratica corretta delle arti marziali.
Due esempi di tecniche di jujutsu dalla antica scuola Kito Ryu - peraltro si tratta di tecniche che ritroviamo, con minime modifiche anche in molte altre scuole del jujutsu tradizionale (e anche in molte scuole moderne).

Tempi Moderni
Il jujutsu tradizionale era già anacronistico verso la fine del diciannovesimo secolo. In un Giappone che si stava rapidamente occidentalizzando, i giovani non erano particolarlmente attratti dalle arti tradizionali e,di contro, per attirare gli allievi molte scuole proponevano tecniche sempre più spettacolari e sempre meno efficaci. In questo contesto, e in parte per correggere queste tendenze, Jigoro Kano codificò il Kodokan Judo - che, pur attingendo a piene mani dal jujutsu tradizionale, si presentava come un metodo razionale e moderno. Il judo si diffuse in maniera rapida, e il jujutsu ne seguì faticosamente le orme, spesso come insegnamento supplementare riducendosi al lumicino, come disciplina a se stante,già intorno agli anni venti del ventesimo secolo.
Tra le due guerre, tuttavia, il jujutsu riguadagnò progressivamente popolarità in patria -per motivi nazionalistici- e riprese ad essere conosciuto all'estero - a causa degli scambi commerciali e, nel caso di Italia e Germania, anche per le alleanze militari. Nel secondo dopoguerra, anche per l'assenza di un metodo unico e di un caposcuola, iniziarono ad apparire metodi "moderni" di jujutsu, promossi da maestri più o meno qualificati, e talvolta improvvisati. Negli anni Sessanta e Settanta, l'interesse occidentale per le discipline orientali crebbe notevolmente - in un primo tempo per un generale interesse dei giovani verso le discipline più esotiche, e in un secondo tempo anche sulla scorta dei film di arti marziali - che ebbero negli anni settanta il periodo di maggiore popolarità.
Negli ultimi venti-trenta anni, invece, abbiamo assistito a tre tendenze principali:
  • la prima è un apprezzabile tentativo di alcuni maestri di riavvicinarsi agli stili antichi. Questo sforzo, ai giorni nostri, è enormemente facilitato da strumenti come internet e youtube
  • la seconda è il tentativo, da parte di altri maestri, di sincretizzare nel jujutsu elementi del karate, del judo e dell'aikido. Di fatto, alcune scuole attuali poco o nulla hanno a che vedere col jujutsu vero e proprio e sono una "somma" (un po' forzata e talvolta disarmonica) delle tecniche di queste arti marziali
  • la terza, e più perniciosa, è quella di concentrarsi su aspetti sportivo-agonistici, creando regolamenti di gara riconosciuti internazionalmente e che hanno anche portato all'organizzazione di campionati del mondo. Inutile dire che queste interpretazioni sportive, col jujutsu, non c'entrano proprio nulla.
Tre atleti di "sport jujutsu". Keikogi con strisce e patacche colorate, trofei, pose da pugili minacciose. Se non vi riesce di trovare il collegamento con l'immagine di sopra...è perchè non c'è. Lo "sport jujutsu" come molti derivati moderni, condivide con la tradizione marziale nipponica solo il nome, o poco più.


Riassumendo
Riassumendo, col tempo, il termine jujutsu non ha più un significato definito. Quanto ho scritto sopra non è che una enorme semplificazione della complessa e travagliata storia di questa disciplina, se ancora di disciplina si può parlare. Con una ulteriore semplificazione, potremmo fotografare la situazione attuale dividendo la pratica e le scuole di jujutsu in:
  • Koryu Jujutsu (jujutsu antico): ovvero le scuole che si attengono scrupolosamente alla tradizione e ne perpetuano fedelmente gli insegnamenti e i kata.
  • Gendai Jujutsu (jujutsu moderno): ovvero scuole fondate da maestri giapponesi, in patria o all'estero, che si fondano sulle scuole tradizionali ma presentano metodi di insegnamento più moderni, avendo eliminato alcune delle tecniche più arcaiche.
  • Goshin Jujutsu (jujutsu autodifesa): ovvero gli stili che riprendono i principi del jujutsu tradizionale, con cui hanno deboli legami di discendenza, focalizzandosi sull'autodifesa. Alcuni di questi metodi, a rigore, potrebbero cadere nel gruppo successivo, ma distinguo con questa etichetta quelle scuole la cui impronta è ancora riconoscibilmente nipponica.
  • Stili di Jujutsu "occidentale": ovvero tutte le scuole e gli stili che praticamente non hanno legami col jujutsu giapponese - e in taluni casi mai li hanno avuti. Ci sono letteralmente dozzine di approcci: dall'italico "Metodo Bianchi", al German Jujutsu, passando dal metodo Clarke a quelli del Nord Europa. Una certa popolarità la ha anche il "Brazilian Jujutsu", o metodo Gracie, che in realtà è più una variante del judo. Questo metodo è diventato popolare per essere stato adottato da alcuni alteti del mondo delle Mixed Martial Arts. In questo caso, come in altri, parlare di jujutsu è un po' difficile.
  • Sport jujutsu: ovvero la versione sportiva. C'è un certo consenso internazionale su due regolamenti di gara: il "duo games" e il "fighting system". Il primo non è che una sorta di messinscena di tecniche di autodifesa che vengono valutate a punti (tipo ginnastica artistica) - per quanto gli atleti siano spesso bravi e veloci, molte delle tecniche proposte sono ben distanti dai principi del jujutsu. Il secondo è una sorta di sistema ad incontri che è un mix fra il kumite del karate e un incontro di judo (sostanzialmente si procede come nel karate finche non viene stabilita una presa "solida", dopodichè l'incontro procede come nel judo). L'approccio potrebbe anche essere interessante sulla carta...ma di nuovo le tecniche e le strategie sono ben lontane da quello che possiamo chiamare jujutsu.
I primi due "gruppi" vanno talvolta sotto il nome di "Nihon jujutsu" - ovvero jujutsu giapponese propriamente detto. Per oggi mi fermo qua. Ma il discorso sarebbe assai più ampio.

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