venerdì 13 agosto 2010

Giugissu Zeneize (Maledizione del Metodo Bianchi)

Una "doppietta" (ovvero la tecnica 12A se non ricordo male) - una sorta di doppio calcio volante che è una delle principali tecniche "volanti" del Metodo Bianchi. La tecnica appare più mutuata dal catch che da qualsivoglia stile di jujutsu giapponese, in cui non esistono tecniche simili. Notare i dogi con la "Saetta Rossa" (foto da Google).

Da bambino fino agli ultimi anni del liceo ho praticato il cosiddetto "ju-jitsu Metodo Bianchi", sotto la guida del Maestro Pagano presso la società Saetta Rossa a Nervi (non cercatela - non esiste più da molto tempo). Mi divertii molto per i primi anni, sebbene tornassi spesso a casa con qualche livido o escoriazione, il che, ovviamente, preoccupava mia madre. Poi finii per annoiarmi: conoscevo i "settori" a menadito ma nonostante l'impegno non progredivo di una virgola - e man mano che proseguivo nello studio delle arti marziali, i limiti del "Metodo Bianchi" mi apparivano sempre più evidenti - e gli errori di impostazione grossolani.
Ma andiamo per ordine. Per "Metodo Bianchi" si intende un metodo di insegnamento del ju-jitsu che ebbe una vastissima diffusione in Italia (e in special modo in Liguria) e che si rifà agli insegnamenti del Maestro Gino Bianchi, riordinati poi dal Maestro Rinaldo Orlandi (di fatto, il suo vecchio libro "Jujitsu Moderno" è stato a lungo considerato la Bibbia del Metodo Bianchi).
Il Maestro Bianchi, marinaio genovese, imparò le arti marziali nipponiche durante un viaggio in estremo oriente (mi risulta a Tianjin, ai tempi una sorta di porto franco vicino a Pechino - città che peraltro ho visitato per lavoro). Più esattamente "imparò qualcosa" delle arti marziali orientali (che certamente non si imparano nel tempo di qualche anno). Curioso il fatto che il jujutsu sia nipponico e Tianjin sia in Cina - ma il fatto non stupisce più di tanto, considerata la presenza nipponica nel Catai dei tempi. Questo "qualcosa" fu poi, a mio giudizio (ma anche secondo quello di alcuni allievi diretti con cui parlai da ragazzino), mescolato con elementi di lotta libera, judo, catch e savate (che a Genova era piuttosto diffuso).
Ne venne fuori un groviglio di numerose tecniche - talvolta più o meno simili a quelle nipponiche, talaltra meri esercizi da saltimbanchi - e in qualche caso vere e proprie assurdità marziali. Queste vennero ordinate e raggruppate nei cosiddetti "settori": cinque gruppi di tecniche (identificate da una lettera) costituite da venti tecniche ciascuna, generalmente in ordine crescente di difficoltà.
Per esempio, il 16A (ovvero sedicesima tecnica di "prevalentemente basata su sbilanciamento") corrispondeva grossomodo ad un Kotegaeshi. L'1B (prima tecnica di "sollevamento") era una sorta di Seoinage/kataotoshi. E ho citato due esempi riconducibili a tecniche giapponesi. Altri, come il 12A della foto, col jujutsu propriamente detto non hanno nulla a che fare.
Oltre alla pratica dei settori (praticamente i kata) il metodo consisteva anche in:
  • Agonistica - una peculiare forma di randori, in cui non si applicavano molte delle limitazioni del judo (ma era comunque proibito colpire) il cui scopo era quello di proiettare a terra l'avversario e poi immobilizzarlo (o costringerlo alla resa per leva articolare o strangolamento). Curiosamente, a differenza del judo, la presa iniziale veniva imposta (una mano al bavero e una al gomito). Nell'allenamento la parte "in piedi" e "a terra" venivano spesso tenute separate. Non essendo supportata da un valido bagaglio tecnico la parte in piedi era piuttosto statica e povera. La parte da terra, priva di alcune delle limitazioni del judo, e forte dell'entusiasmo agonistico, era forse una delle poche cose da salvare del metodo. Credo che ancora oggi si organizzino gare di questa bizzarra specialità tipicamente italiana - anche se il successo del "fighting system" ne sta decretando la sparizione.
  • Accademia - un'altra bizzarria italiana. Due atleti, di concerto, si alternano nei ruoli di Tori e Uke e effettuano una serie di tecniche, spesse volte rapidissime a acrobatiche. Nelle competizioni c'è un limite di tempo. Dato che il punteggio dipende anche dal numero di tecniche e dalla loro spettacolarità, queste sono rapidissime e spesse volte "volanti" (ovvero Tori si stacca da terra durante l'esecuzione). E' una disciplina che richiede un buon atletismo, doti acrobatiche e un discreto impegno. Ma, con gli occhi del bujutsu giapponese, è poco più che un esercizio da saltimbanchi - le cui tecniche sono spesse volte impossibili da realizzare nella realtà - o completamente folli. Anche questa specialità, incredibile dictu, sopravvive ancora oggi.
  • Autodifesa - Con questo termine generico si intendevano tutti gli esercizi Tori-Uke che non ricadevano nei settori. Esistevano anche delle gare, ma senza regolamenti chiari, che al giorno d'oggi sono conferite nel "Duo Games" disciplina che ha un certo successo anche internazionale.
Oltre a questi metodi di allenamento, vi erano sporadici inserti di karate (di bassissimo livello) di aikido (idem) e saltuari esercizi estemporanei come il "bakedo" (coi bastoni - in giapponese non significa nulla...ma secondo alcuni si trattava di "Baccheè do", ovvero il genovese per "dispenso bastonate...). Con gli occhi di oggi, mi sembra tutto assurdo.
Se non si è capito, disapprovo il metodo Bianchi praticamente in ogni sua parte. E' quasi tutto da buttare: dai fondamentali (le tecniche di parata ridicole, gli spostamenti assurdi, le cadute "simmetriche" etc.) alle tecniche vere e proprie (basti vedere il seoinage come eseguito nel metodo Bianchi e come viene invece eseguito nelle tecniche giapponesi per accorgersi dell'abissale differenza). Le cose da salvare? Forse la lotta a terra (se non altro nella palestra che frequentavo) e poco altro.
Intendiamoci: sono grato al metodo Bianchi, ai Maestri Bianchi, Orlandi e Pagano perchè grazie a loro e al loro lavoro mi sono appassionato alle arti marziali. E senza di loro, in Italia, il jujitsu non avrebbe avuto la diffusione che ha attualmente. Rimane il fatto che il metodo Bianchi (come del resto altri metodi similari fioriti in giro per il mondo) non ha nulla a che vedere col jujutsu giapponese. Ed è anzi una pratica perniciosa per chi vuole apprendere le arti marziali, giacchè molti dei suoi principi, pur sotto una apparente scientificità, sono sbagliati.
In parole povere, se praticate il metodo Bianchi vi invito ad informarvi, anche solo cercando su youtube, sulle tecniche del jujutsu nipponico. Una analisi oggettiva e sincera dovrebbe dirvi molte cose. Se invece pensate di avvicinarvi al jujutsu, o avete un figlio/nipote/parente che lo vorrebbe imparare, informatevi su quale metodo segue la palestra a cui vi rivolgete. Per quanto mi riguarda, sconsiglio caldamente la pratica di tale metodo.